Bipolarismo perfetto

Non tenterò ancora di emergere, di fare comizi, di inciampare nei vostri pregiudizi e chiedervi pure

“scusa; scusa, eh, se ti paio una piccoletta quindi esile, quindi (so damn-)femmina, probabilmente grillina e populista, parte comunque di qualcosa – e almeno s’impegna! – e comunque poco credibile”. E così scriverò solo ciò che credo, io, nel buchetto della mia vulnerabilità perché ogni mese c’ho il ciclo, imprecisa perché mi do all’estetica più che alla filosofia antica e banale perché (stra-)parlo della cultura del pathos come una mammina anziché urlare all’Innovazione e al Cambiamento con le maiuscole.

Scusate i preamboli e le premesse che non vi permettono di fruire immediatamente di qualche contenuto ben definito che vi suggerisca qualcosa in cui credere, contro cui inveire, che vi permetta di sigillare da subito l’idea che avete della persona suddetta. E ancora –perdono! – se non vi dirò nulla di quanto poco intelligenti siano quelli che voteranno sì al referendum, Trump, la Clinton. Non ve lo dirò perché non ci credo, ma sarebbe bello per me, liberatorio, decisamente più opinabile e quindi degno della vostra attenzione se mi mettessi a sparare a zero su tutto quello che per me è sbagliato.

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Vi chiedo ancora di perdonarmi se non prendo una posizione, se non sono Nichilista, se questo post non serve a niente e se vi trovate a leggere per girare a vuoto nella vostra testa che ancora non sa venire a capo di una netta posizione nei confronti, al meno, di questo testo. Non sono brava a vedere le cose nette: ieri notte ascoltavo Lucia Annunziata incalzare sulla poca coesione del “Fronte del No” al referendum per capire (credo che per lei fosse già una verità) perché Marco Travaglio non riuscisse a rispondere (ad ammattere!) che sì, semplicemente: il “Fronte del No” non è coeso e questa sarebbe la sua debolezza. E non capivo. E Travaglio (osservando il vuoto come fa quando pare che la – chiaramente sua – verità gli parla da un qualche ‘esterno-al-contesto-fattuale’) diceva cose tipo: “ma, vedi, Lucia, una volta che avrà vinto il No non esisterà più alcun Fronte del No e ognuno se ne andrà per i fatti propri felice di aver contribuito a salvare la Costituzione o almeno quello in cui lei/lui crede”. Ecco. Tutto qui. Il fatto è – vorrei dirti, caro Travaglio – che si sta sviluppando una cosa qui, dalle nostre parti, che chiamo “bipolarismo perfetto”: chi sei, da che parte stai, dove vai? Sono le domande a cui pretendiamo di rispondere in maniera completa come una certa scienza. Badiamo che “certa” significa “quella, proprio quella lì” non vuol essere un insulto alla Scienza. Fffiu! L’ho detto, anzi l’ho proprio scritto, eh.

– Insomma:

  sei grillino o sei renziano?

  Sei giovane o vecchio?

  Parti o resti?

  Voti No perché sei contro Renzi o sei solo contro il Cambiamento?

– Io, cioé, non so, no, cioè ho 28 anni, amo l’Italia, però sì, bu, mi piace viaggiare(?). Non lo so, cioè: non sono contro il Cambiament- Scusa, perché lo scrivi con la C grande? Ma di quale camb-.

– Rispondi!

Scusate, non sono fatta per tenere comizi (ve lo dicevo, però, eh). Non so scegliere fra Pepsi e Coca Cola. Fra pizza e sfincione. E vi chiedo infinitamente scusa se non so scegliere fra sei mesi di luce e sei mesi di buio, di caldo o di freddo, se il Mare o la Montagna, se l’arancina o il supplì (d’accordo, forse questo so farlo). Non so: mi sento così…parziale! E credo sia per questo che ieri guardavo Travaglio e pensavo che probabilmente neanche lui riusciva a capire dove volesse arrivare Annunziata. Marco (scrivo così perché sono solo le mie pagine) qualcuno da adesso crederà che ti veneri, sarò una travaglina e di me non resterà che l’idea netta che qualcuno si sarà fatto. Poco importerà se voterò No perché non si capisce nulla delle modifiche agli articoli; che voterò No perché mi sono fatta l’idea che La Costituzione Più Bella Del Mondo non esiste, ma una peggiore può, certamente; che voterò No perché non ho fretta, perché un saggio una volta disse “sono conservatore non più di quanto possa esserlo un chirurgo” e questo è un punto di riferimento per non cadere in “apocalismi” o utopie che mi hanno sempre suggerito male;

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voterò No perché nonostante Renzi non mi sia simpatico, lo ammetto, non ho ragioni al momento per lasciare che il mio dissenso nei suoi confronti decida della mia Costituzione: è più semplice ammettere che non è molto credibile ai miei occhi e che questo, sommato alle mie titubanze, non mi consente di colmare la parzialità delle mie capacità a comprendere tutte le possibile conseguenze di questa Riforma con un chiamiamolo così “atto di fiducia”. Ma il mio è ancora un atteggiamento, una disposizione definitoria, non una posizione tout court nei suoi confronti. Voterò No perché mi piace non fare dipendere le mie risposte del numero di volte che ho dato la stessa risposta (che poi è ogni volta la possibilità del 50% eh. N’è che a “Sì o No?” puoi rispondere – chenneso – “m’illumino d’immenso”, cioè puoi ma, insomma, ci siamo capiti). Voterò No perché non m’importa chi vota no o chi vota sì. Voterò No perché non mi convince e non lascerò che siano fattori esterni alla domanda del referendum a influenzare la mia scelta, ma che sia la mia testa e dove non arriva lei il mio intuito. E, be’, sì, democrazia, hai a che fare anche con me. Con me che finirò

(o) per essere una travaglina. O nessuno.

Non ci metterei la mano sul fuoco, ma – se devo – preferisco che non sia causato dalle trivellazioni

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Scala dei Turchi, Sicilia

Ché si pensano che siccome sono Scienze Umane siamo tutti “buone intenzioni e sensibilità, che fanno a botte con la razionalità” (strizzo l’occhio agli Austeniani)!
Eccolo lì: il momento dell’Apparizione di tutti i Santi, quel momento che rivela, sotto le vesti di qualche battaglia, ciò che crediamo de “gli Altri”. La battaglia nel Giorno dell’Apparizione n. N è quella del Referendum del 17 Aprile, la Rivelazione è quanto implicito nell’esclamazione di apertura.
Oooh! Dunque: anzitutto il mio non vuole essere un intervento di “ulteriore chiarificazione” (se mai uno, edicouno, degli articoli trovati lo fosse stata!). Vorrei solo rispondere – su specifici versanti – ai peculiari, ma ahinoi ancora efficaci, modi di esposizione (probabilmente si tratta anche di propria elaborazione concettuale) dei punti su cui si poggerebbero molti di quelli che sono per il No al Referendum.
Attenzione, cari: a questo punto mi pare evidente che io sia per il e questa implicherà necessariamente (sì, anch’io ho fatto un po’ di logica formale) che tutta la mia argomentazione risenta della mia “postura specifica”, prima ancora che della mia Weltanschauung, prima ancora che dello spazio prossemico dell’ uomo-nel-mondo.

Carte in tavola:
questo è, sì, un Referendum molto tecnico, ma siamo sicuri che ne consegua che esso sia (giuro che qualcuno usa ancora questi aggettivi) “sbagliato“, illegittimo?
Quando un Referendum si può dire illegittimo, allora? Quando si chiede al cittadino di esprimere un’opinione su argomenti che sono davvero fuori dalle sue competenze (gli ambiti di riflessione e di decisione dei sostenitori del “No”, paradossalmente, sono proprio quelli che renderebbero illegittimo un Referendum abrogativo! Infatti: “alcune materie sono sottratte dal secondo comma dello stesso art. 75 della Costituzione dall’azione dell’istituto. La disposizione costituzionale cita espressamente “le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali” (Wikipedia). Sulle leggi tributarie e di bilancio, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, quindi non ci viene richiesto di prendere decisioni (e, cavolo, ora più che mai capisco perché!).
Personalmente, inoltre, sono convinta che, di base, qualsiasi decisione individuale si prenda in termini di salute e interesse pubblici abbia già di suo margini d’errore che possono anche – a lunga o breve distanza – rivelarsi disastrosi. La lungimiranza (cioè la capacità di rintracciare le conseguenze in termini di medio-lunghe distanze spazio-temporali che dovremmo richiedere ai nostri rappresentanti in luogo della loro supposta competenza rappresentativa), la conoscenza specifica dei diversi settori implicati in una decisione del suddetto tipo non possono, infatti, garantire un’estesa e omogenea “scientificità” decisionale. Cioè: non è che se io non studio Scienze Naturali, Economia o Geopolitica, ma voglio ancora essere precisa e coerente nel mio orientamento ideologico debba, per amor di raziocinio, arrendermi e fidarmi dell’opinione “più competente” di quelli che invece queste cose le studiano, eh!
Scientiocrati di tutto il mondo, mi spiace comunicarvi che il Positivismo è finito e in questa parte di mondo in cui ancora “Esitare è sinonimo d’intelligenza” lo sanno tutti!

Poi che ho letto? Ah! Ahah. Questa mi fa troppo ridere: quelli del Sì sarebbero (questo si desume) anche i maschilisti de “trivella tua sorella”, dei più famosi brand italiani che ne approfittano per mettere fusilli e neri d’avola in alternativa alle trivelle solo per farsi pubblicità…mi sfugge qualcosa, miei cari ciceronini? No, perché tutti, da qualsiasi ideale regione, li hanno subito rimproverati e…i brand, maddai!, abbiamo già scordato le campagne per le unioni civili?

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E allora? Le pubblicità surfano i consensi maggiori nella logica della comunicazione aziendale. Niente di più, niente di meno.

Ok, questi, insieme alla retorica degli ambientalisti hippie che puntano i piedi e non sanno ascoltare (perché “ambientalista denotaahah! Denota! Ahah! Emh… de – no – taestremismo spesso privo di qualsiasi tipo di raziocinio“!), sono vizi di pensiero e di parola. Logiche antiche: di’ quattro cose su cui tutti possono essere d’accordo (i luoghi comuni in fondo sono proprio questo) e poi di’ la tua, vedrai che otterrai consenso! Però funziona ancora, eh?!

Sì, dev’essere questa la domanda che vi fate e se 1+1 fa 2 va bene! Ma…no, quelli che ancora si sforzano di districarsi in mezzo ai propri e agli altrui pregiudizi, fra consapevolezza del coefficiente di permeabilità agli stereotipi e che spesso, esausti, quasi sognano che qualcuno dia loro una soluzione, loro hanno capito bene i danni del vostro Paternalismo, quello politico, tecnocratico, scientifico, religioso che sia, per sua stessa ragion d’essere dottrinario, nozionistico, parziale e iperspecialistico. Che mondo schizofrenico prevedo! Vabbè, nostalgie e apocalismi dell’ultim’ordine a parte (ché poi vi approfittate di questi punti molli, birichini!).

Ancora: le divertentissime formule “non parlerò delle questioni…X e Y” e poi ne parli, ma, siccome non dovevi parlarne, la lasci buttata lì, superficialmente, col risultato che sarà parziale, fuorviante, ambigua, ma miticamente (parlo di mythos platonico) – ancora una volta – efficace!

“Ok, adesso le questioni tecniche” direte voi “perché fin qui tutto bello, ma…”
perché merito il vostro ascolto?
Perché abbiamo riso e scherzato e, sì, ce l’ho a morte con un certo modo di procedere e di argomentare, ma qui la questione è rintracciare un discorso che, ahinoi, non parla una sola lingua.
Accennerò a quelle questioni tecniche che spesso vengono utilizzate da quelli del No (quelli del Sì, l’hanno vinta facile perché, è vero: quando sentiamo “trivelle” siamo tutti pronti a bocciarle(!), ma questa consapevolezza deve solo essere presente e comunque ha una ragion d’essere (!), di per sé non significa il suo contrario: che se senti “trivelle” devi pensare “oh, sì, che bello” o “be’, comunque sono necessarie e dobbiamo tenercele”, eh!).

Bene, ammessa la liceità del Referendum possiamo individuare almeno tre temi: inquinamento, economia e lavoro, politica estera.
Premessa: le mie risposte saranno deboli, perché, ripeto, il mio intento qui è cercare, ragionare con chi, come me, voglia farlo nell’umile ma ancora fermo convincimento del materiale intellettuale ed etico di cui è in possesso. Vorrei, cioè, spiegare perché nonostante questa battaglia non sia semplice, io sia ancora per il ““.

Inquinamento: (1)”se li fermiamo ne costruiranno altre poco oltre le 12 miglia”, (2)”le navi petrolifere non sono affatto esenti da possibili danni ambientali”, (3)”in Italia si estrae più metano che petrolio, ciò significa che comunque è meno dannoso (implicitamente detto: inutile, Greenpeace, che mi fai vedere tartarughe piene di petrolio!).
Vero, vero, vero. Ma rimane che col “Sì”
(1) non lo farebbero più a ridosso delle coste ininterrottamente senza periodici controlli;
(2) ciò non toglie che le trivelle non comportino lo stesso rischio, questo non vanifica il “Sì”: adesso proviamo a ridurre il pericolo delle trivellazioni, ma il percorso è chiaramente lungo…
(3) non è rilevante: è sempre inquinamento e c’è sempre anche il petrolio.

Economia e lavoro: “Togliamo posti di lavoro”, “Poi dovremmo importare e quindi pagare di più”.
Qui ci vuole anche quella lungimiranza di cui parlavo sopra ed è comunque un mondo molto delicato quello del lavoro.
Per non essere fraintesa arriverò diretta al cuore del problema: siamo sicuri che ci sia anche solo una cosa al mondo che dobbiamo fare a tutti i costi? Ecco, la risposta a questa domanda credo sia uno dei modi più semplici per vedere con chiarezza il modo di disporsi delle persone nel mondo. Io, personalmente, credo che ci sia ben poco (o nulla) che meriti la mia promessa di farlo A TUTTI I COSTI.
Fermo restando che per l’occupazione così come per la questione dell’importazione rimando alla mia adesione a un progetto a lunga distanza (che non significa che possa essere realizzato solo in futuro lontano, ma che a lungo termine possa dare risultati estremamente benefici su tutti i fronti, seppure ciò significa spingere a poco a poco milioni di persone perché si muovano nella stessa direzione): parlo della progressiva inversione di marcia sul tipo di risorse che richiede un Paese che voglia evolversi. Già, dicono “i No”: “ma quanto tempo ci vorrà prima che avvenga quest’inversione di marcia? E intanto?”.
Questa domanda si trova a un livello di complessità tale che rispondere adesso significherebbe risolvere la metà dei problemi delle democrazie! Posso però limitarmi a dire questo: se non sai se viene prima l’uovo o la gallina prova a pensare che siano la stessa identica cosa essere in potenza ed essere in atto, sono la stessa identica sostanza l’uovo, il percorso che fa e il risultato che ottiene; la gallina, il percorso che fa e il risultato che ottiene. E’ la contraddizione del concetto di Destino (non esiste prima che sia stato costruito!) e la vitalità di quello di Serendipità (abbi l’acume per cogliere adesso quel che c’è di buono mentre stai cercando qualcos’altro).

Politica estera: “E poi andranno a trivellare nel Mozambico!”.
E faremo una lotta anche per quello! Il punto è questo: non è che con questo Referendum pensiamo di risolvere tutto! Che di un certo Estero non freghi niente a nessuno è un problema (e aiutatemi a dire “problema”), che continuino a trovare escamotage all’obiettivo del “profitto a tutti i costi” è un problema. E’ l’errore dell’estensione del calcolo matematico! Se tuo figlio venisse da te e ti dicesse: “Papà, da adesso in poi mi dai due euro in più per i miei compagni che mi rubano la merenda? Perché se non gli do la mia loro poi vanno a rubarla comunque ai miei altri compagni”. Che rispondereste? Gli dareste i soldi o tentereste di risolvere il problema a monte (o al mare)?

Poi potete dirmi quel che volete, ragazz*: che sono illusa, ingenuotta, schizo-utopista e magari banale, ma qualsiasi decisione prenderò nella mia vita sarà il vomito plastico di un lavorìo complesso delle mie capacità e mai un sedicente prodotto “perfetto, rigido e netto” di quella fabbrica di punti e frecce che spacciano per eco-razionale.
E se sbaglierò sarò pronta a riprovarci, ma almeno nel mio amato mondo del pensiero, almeno lì, io non scendo a compromessi.
Che la mia opinione sia il frutto di quella decisione che ognuno di noi prende nella sua piccola Callipoli mentale è un bene che non mi appartiene come cosa esterna, è un bene inalienabile, perché è tutto ciò che sono.

Sono per il , allora, perché ciò che mi viene chiesto è in fondo a cosa io dia la priorità:

“dai la priorità all’ennesimo tentativo di salvaguardia dell’economia per la crescita del tuo Paese o all’ennesimo tentativo di salvaguardia dell’ambiente per il mantenimento in vita di tutti (il mare è il miglior comunicatore, ricordiamoci)?”.

Che suona un po’ così:

“dai la priorità (che non vuol dire esclusività, eh) al tentativo di ottenere una paghetta che mamma ti darebbe se fai i piatti o al (tentativo di) mantenimento in vita della tua casa e del tuo tetto?”.

Tanto, ragioni perché l’economia é in calo le abbiamo sempre trovate nell’Altro (immigrati, Germania, UE, capitalismo (quando lo riconosciamo), la gente (che non siamo mai noi) e il cane della vicina di casa (ne siamo certi!), ma le ragioni profonde della penetrazione della logica di mercato all’interno dell’Oikos, la casa, l’Ambiente (citando il mio professore di Antropologia economica) ci sfuggono inesorabilmente. E, be’, allora mi prendo io la colpa del disastro economico(!), ma meglio prendersela una che due volte (la colpa)!

Va’, Gina (Go, Girl)!

Ecco cosa succede quando moda e femminismo s’incontrano. Si perde qualcosa: in linea di massima, la capacità di pensare.

Sono nata a Palermo e quando leggo di queste novità sento subito un’esplosione nel petto. Sono felice, scatto di amore e di speranza per quest’eccentrica umanità. Poi mi devo subito fermare. Comincio a pensare a quante persone condividerebbero e a quante di queste, poi, comprerebbero quest’aggeggio: si tratta di Wantalis, Cono in silicone per la minzione femminile, pieghevole e riutilizzabile “GoGirl” (Amazon.it, € 17,00).

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Se avessi avuto lei mi sarei evitata tutte le consumazioni obbligatorie per pisciare nell’unico pub pulito (perché troppo costoso e quindi quasi deserto) della Magione. Ché poi compravo comunque birra… Praticamente mezzo locale è mio di diritto.

Siamo capaci di accettare i cambiamenti, è la moda: “tutto cambia, adeguati!“. Siamo capaci di sbraitare contro le posizioni socialmente regressive: “Io posso camminare come voglio, ciò non ha nulla a che fare con la pochezza dei maschi schifosi e morbosi, vittime – quando va bene – di un complesso chè neanche Freud poteva prevedere avrebbe riscosso sì tanto successo!“. Siamo capaci di difendere le nostre scelte: “Posso anche mettermi in mutande e reggiseno su fb, agghindata da gattina, alla fine c’è di peggio e sono comunque la stessa cosa del costume“.

Cosa condivido e cosa no sono opinioni squisitamente personali. Ma nel mio piccolo cerco di essere coerente. Come per le bibliografie, nessuno sa quale sia quella giusta, alcune cose si danno per certe, altre sono ambigue, ma puoi sempre contare sul fatto che debbano, al meno, essere coerenti in se stesse. Allora scelgo la mia posizione e da lì faccio derivare la mia risposta alla commercializzazione di questo misterioso aggeggio per le donne che vogliano pisciare in piedi!

In quel mio mondo ideal…” sono a Palermo e scorrazzo per le spiagge col seno scoperto. Non mi sento trasgressiva, mi sento trasparente, bella e capace come nella maggior parte delle mie giornate. Non c’è mortificazione di nessun genere, non c’è nulla di più di ciò che c’è sempre stato nel bene e nel male. “Un giorno in questa Palermo ideale” vado ad un concerto, non ci sono bagni chimici schifosi, puzzolenti con file di uomini ubriachi che bussano alla porta con la serratura rotta e non devi sentire il tuo fidanzato che cerca di spiegare diplomaticamente che lì dentro c’è una ragazza che non sarebbe mai entrata se non fosse stato strettamente indispensabile, se non avesse già provato a fare la pipì in un parco mentre gruppi di ragazzini beoti si mettevano a guardarle il sedere! Non ci sono questi nè altri bagni equiparabili. Io ho con me la mia fidata borsa, con un fidato contenitore che contiene un fidatissimo astuccio che porta un aggeggio in silicone che mi permetterà di fare la pipì in piedi. Non dovrò fare altri sforzi, avrò le mie salviette igieniche e…potrò continuare a bere birra come se non ci fosse una malattia chiamata mononucleosi.

Care mie donzelle, non ho mica parlato di unicorni. Nè di qualche diavoleria che costringa alla vostra compagna o al vostro compagno di darvi sempre ragione (ce l’avete, è chiaro). Parlo di cose che esistono. Parlo di posti in cui le donne possono camminare a torso nudo nella misura in cui possono farlo gli uomini e parlo di una cosa come “GoGirl” che ci permetta di avere minori condizionamenti.

Ora, per favore, non mandate tutto a puttane con etiche medio-borghesi “facciolachicfinchénonèchoc“! Non cercate la libertà dove gli omuncoli senzapalle si rifugiano sperando, quando va bene, che avendo lottato per quella sazierai la tua intelligenza. Cerca, piuttosto, dove dicono già “sei bellissima” e dimenticano di mostrare quanto apprezzino il tuo cervello, dove “sei fica” quando sei forte e dimenticano di mostrare la loro stima, a maggior ragione, quando non lo sei (o lo sei, ma in modo diverso?).

Insomma: non vuole essere una terapia di coppia, ma non volevo che qualcuno arrivasse e mi dicesse: “è una buonissima invenzione, ma mi farebbe schifo usarla” solo perché non è un “cambiamento styler-friendly” o ancora “assolutamente meravigliosa!” e poi si vergognerebbe a farsela comprare.

Che bisogna fare, altrimenti?

Ho un’idea: diciamo che ha una doppia funzionalità. In un verso lo usi per fare la pipì, nel verso opposto lo usi come un vibratore per emergenze. E poi lo chiamiamo “Go&ComeGirl“.

Che ne dite? È abbastanza più fico?

Quando la donna indica la luna, gli uomini si guardano il dito

Vi parlerò di donne. Vi parlerò delle donne e del sesso come ne parlerebbero gli uomini se non fossero impegnati a fare i conti con la storia che per secoli si sono raccontati.

[… Dai, quella lì che conosciamo tutti, quella in cui tentano di darsi risposte a domande circa l’uso del pene (la risposta fu “clava”), le pene del suo uso (la risposta fu religione: “clava solo per procreare”), per molti secoli fu l’annosa questione sul pene più grosso (i tentativi di risposta coprono dal XVI al XX secolo con registrazione di picchi cerebrali fra il ’14 e il ’45, ma ad oggi pare sia ancora un’aporia), i primi del ‘900 fu finalmente la questione sull’invidia del pene (semper laudato sia Sigmund) e poi…le pene del pene, etc. Quella]

Vi parlerò delle donne come delle creature più arrapanti che possiate incontrare nella vostra vita. E lo farò fermandomi sulle quattro che esemplarmente riassumeranno le infinite manifestazioni di sensualità e di piacere.

Ok, parto subito con Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón, la messicana che ha fatto tremare le tele, impallidire gli uomini, sudare le cosce delle donne.

Piccole metafore

Lei è la donna che ingoia l’acida verità e la sputa sui quadri con la stessa abilità che avrebbe avuto il figlio di Cicciolina con Clint Eastwood. E’ la donna che ti giura amore, ma se si accorge di aver giurato sulla foto della tua segretaria, la raggiunge, se la scopa e quella ancora ansimante la mattina seguente ti dirà di farle il caffè. Frida ha un’anima di carbonio. Non ha nulla a che fare con l’umanità, almeno non esteriormente. E’ come ho sempre immaginato le monadi di Leibniz: le monadi sono le più piccole unità di azione, ogni monade è specchio dell’intero universo, connessa a tutte le altre monadi, ma senza finestre (le comunicazioni non si rivolgono all’esterno). Agiscono dove e quando le altre patiscono. La lora attività è la vista. Frida, in più, può dipingere ciò che vede. Ciò che vede può odiarlo, amarlo, con una mano può bere vino e con l’altra aggrapparsi al suo culo.

Cit. “Yo solía pensar que era la persona más extraña en el mundo, pero luego pensé, hay mucha gente así en el mundo, tiene que haber alguien como yo, que se sienta bizarra y dañada de la misma forma en que yo me siento. Me la imagino, e imagino que ella también debe estar por ahí pensando en mí. Bueno, yo espero que si tu estás por ahí y lees esto sepas que, sí, es verdad, yo estoy aquí, soy tan extraña como tú”

La seconda donna di cui parlerò è più facile che la conoscano una o due generazioni prima di noi: si tratta di quella Hepburn che non è una ragazzina svampita gnegne che chiama Gatto il suo gatto d’appartamento per non affezionarcisi, dalle poche pretese cognitive che fa Audrey di nome (bellina è bellina, per carità!). E’ Katharine (The Original-) Hepburn. E’ una bella rossa, con un taglio del viso da imporre rispetto e schiavitù psico-complessodelectra-affettiva a chiunque la veda girare fra set cinematografici su cavalli e con leopardi.

Piccole metafore crescono

E’ glaciale, ma sa piangere lacrime di puro diamante. E’ perfida, ma ne mostra la goffa ironia. Tradisce, ma è lei che soffre. Lei recita ma dice “acting is the perfect idiot’s profession”. E’ la donna con cui vai a letto sicuro di non doverle niente di più, ma che con la sua scientifica indolenza tiene il tuo cervello per le palle. E’ lei quella che chiamerei la prima MILF della storia, anche se nel primo film che ha fatto era solo una ventenne. Sa come girano le cose e anzichè mettersi in coda aspetta che il giro ricominci per mettersi a dirigerlo.

Cit. “I never realized until lately that women were supposed to be the inferior sex”

La terza donna con cui me la farei è la scrittrice americana Kathy Acker.

Kathy
Delirio, Sandman

La conobbi cercando le origini del mio personaggio preferito del fumetto di Neil Gaiman “Sandman”: Delirio, la sorella più piccola di sette fratelli, gli eterni (Destino, Sogno, Morte, Distruzione, Disperazione, Desiderio e, per l’appunto, Delirio). La Acker è l’incarnazione di quel tipo di sfacciataggine cerebrale che non si compone in testi fluidi, ma in continue epifanie. Con lei parlerei senza verbi, salterei pasti e convenzioni, farei tutto quello che J-Ax afferma di fare con la sua ragazza che è strana e non dice che lo ama, ma beve birra e fuma e ha un tattoo sulla schiena, ma lo farei meglio. Insomma farei pazzie con la Acker, mica con una pazza, tamarra che sbraita contro uno schermo solo perchè non capisce che una tv, a parte i film di Verdone, può anche trasmettere tg d’informazione su fatti reali, reali cioè che sono accaduti, cioè che non avvengono in quella dannata scatola!

Cit. “We come crawling through these cracks, orphans, lobotomies; if you ask me what I want, I’ll tell you. I want everything. Whole rotten world come down and break. Let me spread my legs [Pussy, King of the Pirates, 1996]

E dopo il corpo, la mente, il delirio andrei a casa di Janis Joplin, la cantante blues rock americana.

Ain’t no sunshine without her

Con lei fumerei la pipa della pace, mi aggrapperei ai suoi vestiti leggeri (probabilmente rubati ad Ermione che intanto faceva cosacce con d’Annunzio nel Pineto). Janis è la sostenibile leggerezza dell’essere. E’ la donna che si lascia essere se stessa come più frequentemente si permettono di fare gli uomini. E’ a lei che dedicherei “let yourself be beautiful” e so che lei probabilmente risponderebbe “Tomorrow never happens. It’s all the same fucking day, man”

Non ha importanza che queste donne meravigliose non le incontreremo mai, amici miei, mio perplesso Nihil, perchè loro sono solo alcune delle manifestazioni del piacere e della sensualità, le più famose. Poi ci sono donne che lavorano, quelle di Tozzi che stirano cantando, quelle che fanno la cacca, quelle che amano e che amano fare la cacca, ci sono le donne che ognuno di voi conosce, ci sono quelle che sono dentro ogni uomo e quelle che gli uomini ce li hanno dentro, c’è la mamma di Ligabue, un po’ mamma un po’ porca com’è. E poi, se ammettiamo che ci fosse un fondo di verità nelle parole di Janis e lo estendiamo a tutto il mondo dello spettacolo, noi queste donne, in fondo, ce le siamo già fatte tutte:

Cit. “On stage, I make love to 25,000 different people, then I go home alone”

Vermi al tempo delle mele

Qualcuno ricorda questo spot?

E questo aggeggio?

Il mio era un pulcino

STOP Non voglio scrivere un retorico post malinconico che urla da tutte le parti “sono vecchia come tua mamma, ma io ci sto se mi chiami MILF” (ah, anche tua mamma?).
Voglio che vi affacciate da quella finestrella sul nostro passato che Sigmund ha aperto per ognuno di noi. [Grazie, S., sono ventun’anni che mia madre si chiude a chiave la notte per paura che io voglia ucciderla] Bene, bypassate bagni, oggetti fallici o rotondi (sí, Candy.rar, tu bypassa anche quel periodo in cui chiedevi ai tuoi se potevano comprarti la “bambola alta quanto te!“).
Fermatevi alle prime comitive.
Fermo immagine.

Senza posa

Siete tutti felici? Allora o avete skippato all’adolescenza avanzata con relativa disponibilità di droghe o avete imbrogliato all’inizio del post, perché voi quelle cose lì non avete avuto neanche il tempo di conoscerle.
L’adolescenza, cari e caro Nihil, era uno schifo.
E non parlo da ex proto-nerd, cicciona e con l’apparecchio che ha subìto la tradizionale selezione andro-centrica dei tempi delle medie (quando bullismo faceva pensare a McGyver, chè lui sapeva come svitare bulloni con le braccia legate!). Certo, avevo due semi di ciliegia per capezzoli (e solo quelli) e una gradevole magrezza che però ci tenevo scomparisse fra i maglioni di mio fratello e un paio di jeans larghi della PIT STOP; non ero affatto F. C., l’unica compagna che già in V elementare veniva consultata privatamente dalle docenti per questioni  sugli assorbenti (ho sempre sospettato che giocassero a una variante al femminile dello scambio di figurine Panini).
Godevo comunque di una moderata fama: studiavo, i maschietti non mi inibivano, le ragazze mi tenevano cara e fra i più fichi il mio ruolo era favorire la comunicazione verbale (al resto pensavano loro, io rimasi all’oscuro del loro concetto di non verbale per molto tempo).
Ciononostante, dicevo, era uno schifo.
Era la pressione sociale che ti schiacciava quando alla tua amica non bastava più il tuo interesse, perché c’era G. che era stata con F. che c’aveva un amico che s’era lasciato con I. che quella stronza prima non avrebbe mai pensato di invitare la tua amica al suo comple, ma adesso doveva indispettire la sua migliore amica, che la vuole bene, ma c’ha mandato un sms al suo ex e lei può distrarlo; mica per lui, ma perché non vuole che la sua migliore amica soffra, e la tua amica?
Chi?
Era la tachiovulazione che ti coventrizzava dentro quando non potevi credere che quei verdi occhi bagnati dal sole  lasciassero quel busto di t’amotracia per cadere sul tuo culo senza rimbalzare sotto la minigonna di tua cugina, che intanto faceva i provini per il Moulin Rouge, ma si sapeva già che lei non sarebbe morta di sifilide.
Non potevi crederci, no, davvero, non potevi.

clara
Vai cavallino, vai!
Naziffetta
Naziffetta

Erano stronzi, opportunisti, più cattivi dei parrucchieri di Satana, degli chef di Hannibal, della cabina telefonica di In linea con l’assassino, di Puffetta e di Clara, ma lo erano davvero.
Non scherzavano.

Poi siamo cresciuti e inevitabilmente…siamo gli stessi figli del diavolo.

Eppure, caro Nihil, adesso…pare sia calma piatta, una balla di fieno in loop prima di un duello western. Adesso gridiamo ipocriti! sei falso come un “per 2” nella confezione dei tortellini, citiamo l’antica saggezza urbana dei camionisti, ma non litighiamo. Ci siamo affinati nelle alternative: sparare a zero usando la più anonima delle formule (‘la gente che‘) come soggetto, produrre bile e aspettare che il partner faccia una mossa falsa per scaricare legittimamente su di lui/lei l’eccesso pulsionale, sesso&droga, cinemasesso&droga, mezzi di comunicazione ambigui e, in generale, tutto ciò che rientra nella definizione di squalifica della comunicazione.

Insomma, erano chiacchiere e distintivo anche prima, ma delle prime ci facevamo responsabili e al secondo sceglievamo d’istinti.

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Poteva arrivarti un messaggio sul cellulare, al liceo, che dichiarava la stima di chi, in silenzio, aveva ascoltato la tua interrogazione di latino: niente likes/dislikes facili, persino chi voleva manifestarti un gradimento doveva sceglierlo e saperci fare i conti.

Era il tempo in cui “uno sguardo provocava turbamenti, quando la vita era più facile e si potevano mangiare anche le fragole…”.

Il tempo delle mele, direte, ma mai senza il verme.

Problemi di coito per lei

Ho appena scoperto che il mio cervello funziona come il pene (il che in realtà sorprenderà molta meno gente di quanto Nihil l’Alieno possa immaginare).
La scoperta è il risultato di uno dei miei rigurgiti cognitivi:
stavo leggendo roba varia sull’antropologia filosofica per questa maledetta tesi cui ho pensato bene di dedicarmi alle soglie del mio tramonto psichico (la fine del primo ventennio di vita) e mentre vari pensieri si sovrapponevano a mia insaputa uno è schizzato fuori, uno di quelli che solo gli “addetti ai lavori” o i vari nerd dello ‘stream of consciousness’ potrebbero A. avere la pazienza di interpretare B. interpretare correttamente e C. poter apprezzarne l’ironia e farsi una risata di neurone

[per chi se la sentisse di approfondire, vedi-> L’uomo di Buridano]

Ahimè, non c’era nessun esponente appartenente a queste categorie in quel momento, e questo non è strano. Lo è piuttosto il fatto che, a causa dell’impossibilità di comunicare la mia “genialata” a qualcuno, mi sono sentita male, intendo male fisicamente: mi sono buttata a pancia in giù sul letto, afflitta da doglie (?).
Realizzato che ciò che mi stava accadendo non rientrava affatto fra i più noti sintomi psichiatrici, mi sono arresa all’evidenza: il mio cervello funziona come il pene, quel pene a cui hanno dato la spinta per il decollo ma che non lasciano più atterrare; sedotto da concubine dita e poi costretto a decantàr poesiòle nell’elemosina d’un inchino. Insomma, sì, quel pene che dopo una settimana di false promesse per l’ennesima volta firma l’interruzione del coito.

“Ognuno sta solo nel cuor della notte / trafitto da un barlume di Sole: / ed è subito sega” (semicit.)

Qualcuno di voi, vecchi amanti dell’happy-ending, a questo punto starà pensando:
ma se questo cervello è un pene che ha subìto l’interruzione del ‘coito’, questo post potrebbe rappresentare, diciamo così, la sua riuscita?
Per la risposta, però, dovrete aspettare che finisca la sigaretta.