Non ci metterei la mano sul fuoco, ma – se devo – preferisco che non sia causato dalle trivellazioni

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Scala dei Turchi, Sicilia

Ché si pensano che siccome sono Scienze Umane siamo tutti “buone intenzioni e sensibilità, che fanno a botte con la razionalità” (strizzo l’occhio agli Austeniani)!
Eccolo lì: il momento dell’Apparizione di tutti i Santi, quel momento che rivela, sotto le vesti di qualche battaglia, ciò che crediamo de “gli Altri”. La battaglia nel Giorno dell’Apparizione n. N è quella del Referendum del 17 Aprile, la Rivelazione è quanto implicito nell’esclamazione di apertura.
Oooh! Dunque: anzitutto il mio non vuole essere un intervento di “ulteriore chiarificazione” (se mai uno, edicouno, degli articoli trovati lo fosse stata!). Vorrei solo rispondere – su specifici versanti – ai peculiari, ma ahinoi ancora efficaci, modi di esposizione (probabilmente si tratta anche di propria elaborazione concettuale) dei punti su cui si poggerebbero molti di quelli che sono per il No al Referendum.
Attenzione, cari: a questo punto mi pare evidente che io sia per il e questa implicherà necessariamente (sì, anch’io ho fatto un po’ di logica formale) che tutta la mia argomentazione risenta della mia “postura specifica”, prima ancora che della mia Weltanschauung, prima ancora che dello spazio prossemico dell’ uomo-nel-mondo.

Carte in tavola:
questo è, sì, un Referendum molto tecnico, ma siamo sicuri che ne consegua che esso sia (giuro che qualcuno usa ancora questi aggettivi) “sbagliato“, illegittimo?
Quando un Referendum si può dire illegittimo, allora? Quando si chiede al cittadino di esprimere un’opinione su argomenti che sono davvero fuori dalle sue competenze (gli ambiti di riflessione e di decisione dei sostenitori del “No”, paradossalmente, sono proprio quelli che renderebbero illegittimo un Referendum abrogativo! Infatti: “alcune materie sono sottratte dal secondo comma dello stesso art. 75 della Costituzione dall’azione dell’istituto. La disposizione costituzionale cita espressamente “le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali” (Wikipedia). Sulle leggi tributarie e di bilancio, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, quindi non ci viene richiesto di prendere decisioni (e, cavolo, ora più che mai capisco perché!).
Personalmente, inoltre, sono convinta che, di base, qualsiasi decisione individuale si prenda in termini di salute e interesse pubblici abbia già di suo margini d’errore che possono anche – a lunga o breve distanza – rivelarsi disastrosi. La lungimiranza (cioè la capacità di rintracciare le conseguenze in termini di medio-lunghe distanze spazio-temporali che dovremmo richiedere ai nostri rappresentanti in luogo della loro supposta competenza rappresentativa), la conoscenza specifica dei diversi settori implicati in una decisione del suddetto tipo non possono, infatti, garantire un’estesa e omogenea “scientificità” decisionale. Cioè: non è che se io non studio Scienze Naturali, Economia o Geopolitica, ma voglio ancora essere precisa e coerente nel mio orientamento ideologico debba, per amor di raziocinio, arrendermi e fidarmi dell’opinione “più competente” di quelli che invece queste cose le studiano, eh!
Scientiocrati di tutto il mondo, mi spiace comunicarvi che il Positivismo è finito e in questa parte di mondo in cui ancora “Esitare è sinonimo d’intelligenza” lo sanno tutti!

Poi che ho letto? Ah! Ahah. Questa mi fa troppo ridere: quelli del Sì sarebbero (questo si desume) anche i maschilisti de “trivella tua sorella”, dei più famosi brand italiani che ne approfittano per mettere fusilli e neri d’avola in alternativa alle trivelle solo per farsi pubblicità…mi sfugge qualcosa, miei cari ciceronini? No, perché tutti, da qualsiasi ideale regione, li hanno subito rimproverati e…i brand, maddai!, abbiamo già scordato le campagne per le unioni civili?

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E allora? Le pubblicità surfano i consensi maggiori nella logica della comunicazione aziendale. Niente di più, niente di meno.

Ok, questi, insieme alla retorica degli ambientalisti hippie che puntano i piedi e non sanno ascoltare (perché “ambientalista denotaahah! Denota! Ahah! Emh… de – no – taestremismo spesso privo di qualsiasi tipo di raziocinio“!), sono vizi di pensiero e di parola. Logiche antiche: di’ quattro cose su cui tutti possono essere d’accordo (i luoghi comuni in fondo sono proprio questo) e poi di’ la tua, vedrai che otterrai consenso! Però funziona ancora, eh?!

Sì, dev’essere questa la domanda che vi fate e se 1+1 fa 2 va bene! Ma…no, quelli che ancora si sforzano di districarsi in mezzo ai propri e agli altrui pregiudizi, fra consapevolezza del coefficiente di permeabilità agli stereotipi e che spesso, esausti, quasi sognano che qualcuno dia loro una soluzione, loro hanno capito bene i danni del vostro Paternalismo, quello politico, tecnocratico, scientifico, religioso che sia, per sua stessa ragion d’essere dottrinario, nozionistico, parziale e iperspecialistico. Che mondo schizofrenico prevedo! Vabbè, nostalgie e apocalismi dell’ultim’ordine a parte (ché poi vi approfittate di questi punti molli, birichini!).

Ancora: le divertentissime formule “non parlerò delle questioni…X e Y” e poi ne parli, ma, siccome non dovevi parlarne, la lasci buttata lì, superficialmente, col risultato che sarà parziale, fuorviante, ambigua, ma miticamente (parlo di mythos platonico) – ancora una volta – efficace!

“Ok, adesso le questioni tecniche” direte voi “perché fin qui tutto bello, ma…”
perché merito il vostro ascolto?
Perché abbiamo riso e scherzato e, sì, ce l’ho a morte con un certo modo di procedere e di argomentare, ma qui la questione è rintracciare un discorso che, ahinoi, non parla una sola lingua.
Accennerò a quelle questioni tecniche che spesso vengono utilizzate da quelli del No (quelli del Sì, l’hanno vinta facile perché, è vero: quando sentiamo “trivelle” siamo tutti pronti a bocciarle(!), ma questa consapevolezza deve solo essere presente e comunque ha una ragion d’essere (!), di per sé non significa il suo contrario: che se senti “trivelle” devi pensare “oh, sì, che bello” o “be’, comunque sono necessarie e dobbiamo tenercele”, eh!).

Bene, ammessa la liceità del Referendum possiamo individuare almeno tre temi: inquinamento, economia e lavoro, politica estera.
Premessa: le mie risposte saranno deboli, perché, ripeto, il mio intento qui è cercare, ragionare con chi, come me, voglia farlo nell’umile ma ancora fermo convincimento del materiale intellettuale ed etico di cui è in possesso. Vorrei, cioè, spiegare perché nonostante questa battaglia non sia semplice, io sia ancora per il ““.

Inquinamento: (1)”se li fermiamo ne costruiranno altre poco oltre le 12 miglia”, (2)”le navi petrolifere non sono affatto esenti da possibili danni ambientali”, (3)”in Italia si estrae più metano che petrolio, ciò significa che comunque è meno dannoso (implicitamente detto: inutile, Greenpeace, che mi fai vedere tartarughe piene di petrolio!).
Vero, vero, vero. Ma rimane che col “Sì”
(1) non lo farebbero più a ridosso delle coste ininterrottamente senza periodici controlli;
(2) ciò non toglie che le trivelle non comportino lo stesso rischio, questo non vanifica il “Sì”: adesso proviamo a ridurre il pericolo delle trivellazioni, ma il percorso è chiaramente lungo…
(3) non è rilevante: è sempre inquinamento e c’è sempre anche il petrolio.

Economia e lavoro: “Togliamo posti di lavoro”, “Poi dovremmo importare e quindi pagare di più”.
Qui ci vuole anche quella lungimiranza di cui parlavo sopra ed è comunque un mondo molto delicato quello del lavoro.
Per non essere fraintesa arriverò diretta al cuore del problema: siamo sicuri che ci sia anche solo una cosa al mondo che dobbiamo fare a tutti i costi? Ecco, la risposta a questa domanda credo sia uno dei modi più semplici per vedere con chiarezza il modo di disporsi delle persone nel mondo. Io, personalmente, credo che ci sia ben poco (o nulla) che meriti la mia promessa di farlo A TUTTI I COSTI.
Fermo restando che per l’occupazione così come per la questione dell’importazione rimando alla mia adesione a un progetto a lunga distanza (che non significa che possa essere realizzato solo in futuro lontano, ma che a lungo termine possa dare risultati estremamente benefici su tutti i fronti, seppure ciò significa spingere a poco a poco milioni di persone perché si muovano nella stessa direzione): parlo della progressiva inversione di marcia sul tipo di risorse che richiede un Paese che voglia evolversi. Già, dicono “i No”: “ma quanto tempo ci vorrà prima che avvenga quest’inversione di marcia? E intanto?”.
Questa domanda si trova a un livello di complessità tale che rispondere adesso significherebbe risolvere la metà dei problemi delle democrazie! Posso però limitarmi a dire questo: se non sai se viene prima l’uovo o la gallina prova a pensare che siano la stessa identica cosa essere in potenza ed essere in atto, sono la stessa identica sostanza l’uovo, il percorso che fa e il risultato che ottiene; la gallina, il percorso che fa e il risultato che ottiene. E’ la contraddizione del concetto di Destino (non esiste prima che sia stato costruito!) e la vitalità di quello di Serendipità (abbi l’acume per cogliere adesso quel che c’è di buono mentre stai cercando qualcos’altro).

Politica estera: “E poi andranno a trivellare nel Mozambico!”.
E faremo una lotta anche per quello! Il punto è questo: non è che con questo Referendum pensiamo di risolvere tutto! Che di un certo Estero non freghi niente a nessuno è un problema (e aiutatemi a dire “problema”), che continuino a trovare escamotage all’obiettivo del “profitto a tutti i costi” è un problema. E’ l’errore dell’estensione del calcolo matematico! Se tuo figlio venisse da te e ti dicesse: “Papà, da adesso in poi mi dai due euro in più per i miei compagni che mi rubano la merenda? Perché se non gli do la mia loro poi vanno a rubarla comunque ai miei altri compagni”. Che rispondereste? Gli dareste i soldi o tentereste di risolvere il problema a monte (o al mare)?

Poi potete dirmi quel che volete, ragazz*: che sono illusa, ingenuotta, schizo-utopista e magari banale, ma qualsiasi decisione prenderò nella mia vita sarà il vomito plastico di un lavorìo complesso delle mie capacità e mai un sedicente prodotto “perfetto, rigido e netto” di quella fabbrica di punti e frecce che spacciano per eco-razionale.
E se sbaglierò sarò pronta a riprovarci, ma almeno nel mio amato mondo del pensiero, almeno lì, io non scendo a compromessi.
Che la mia opinione sia il frutto di quella decisione che ognuno di noi prende nella sua piccola Callipoli mentale è un bene che non mi appartiene come cosa esterna, è un bene inalienabile, perché è tutto ciò che sono.

Sono per il , allora, perché ciò che mi viene chiesto è in fondo a cosa io dia la priorità:

“dai la priorità all’ennesimo tentativo di salvaguardia dell’economia per la crescita del tuo Paese o all’ennesimo tentativo di salvaguardia dell’ambiente per il mantenimento in vita di tutti (il mare è il miglior comunicatore, ricordiamoci)?”.

Che suona un po’ così:

“dai la priorità (che non vuol dire esclusività, eh) al tentativo di ottenere una paghetta che mamma ti darebbe se fai i piatti o al (tentativo di) mantenimento in vita della tua casa e del tuo tetto?”.

Tanto, ragioni perché l’economia é in calo le abbiamo sempre trovate nell’Altro (immigrati, Germania, UE, capitalismo (quando lo riconosciamo), la gente (che non siamo mai noi) e il cane della vicina di casa (ne siamo certi!), ma le ragioni profonde della penetrazione della logica di mercato all’interno dell’Oikos, la casa, l’Ambiente (citando il mio professore di Antropologia economica) ci sfuggono inesorabilmente. E, be’, allora mi prendo io la colpa del disastro economico(!), ma meglio prendersela una che due volte (la colpa)!