Quando la donna indica la luna, gli uomini si guardano il dito

Vi parlerò di donne. Vi parlerò delle donne e del sesso come ne parlerebbero gli uomini se non fossero impegnati a fare i conti con la storia che per secoli si sono raccontati.

[… Dai, quella lì che conosciamo tutti, quella in cui tentano di darsi risposte a domande circa l’uso del pene (la risposta fu “clava”), le pene del suo uso (la risposta fu religione: “clava solo per procreare”), per molti secoli fu l’annosa questione sul pene più grosso (i tentativi di risposta coprono dal XVI al XX secolo con registrazione di picchi cerebrali fra il ’14 e il ’45, ma ad oggi pare sia ancora un’aporia), i primi del ‘900 fu finalmente la questione sull’invidia del pene (semper laudato sia Sigmund) e poi…le pene del pene, etc. Quella]

Vi parlerò delle donne come delle creature più arrapanti che possiate incontrare nella vostra vita. E lo farò fermandomi sulle quattro che esemplarmente riassumeranno le infinite manifestazioni di sensualità e di piacere.

Ok, parto subito con Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón, la messicana che ha fatto tremare le tele, impallidire gli uomini, sudare le cosce delle donne.

Piccole metafore

Lei è la donna che ingoia l’acida verità e la sputa sui quadri con la stessa abilità che avrebbe avuto il figlio di Cicciolina con Clint Eastwood. E’ la donna che ti giura amore, ma se si accorge di aver giurato sulla foto della tua segretaria, la raggiunge, se la scopa e quella ancora ansimante la mattina seguente ti dirà di farle il caffè. Frida ha un’anima di carbonio. Non ha nulla a che fare con l’umanità, almeno non esteriormente. E’ come ho sempre immaginato le monadi di Leibniz: le monadi sono le più piccole unità di azione, ogni monade è specchio dell’intero universo, connessa a tutte le altre monadi, ma senza finestre (le comunicazioni non si rivolgono all’esterno). Agiscono dove e quando le altre patiscono. La lora attività è la vista. Frida, in più, può dipingere ciò che vede. Ciò che vede può odiarlo, amarlo, con una mano può bere vino e con l’altra aggrapparsi al suo culo.

Cit. “Yo solía pensar que era la persona más extraña en el mundo, pero luego pensé, hay mucha gente así en el mundo, tiene que haber alguien como yo, que se sienta bizarra y dañada de la misma forma en que yo me siento. Me la imagino, e imagino que ella también debe estar por ahí pensando en mí. Bueno, yo espero que si tu estás por ahí y lees esto sepas que, sí, es verdad, yo estoy aquí, soy tan extraña como tú”

La seconda donna di cui parlerò è più facile che la conoscano una o due generazioni prima di noi: si tratta di quella Hepburn che non è una ragazzina svampita gnegne che chiama Gatto il suo gatto d’appartamento per non affezionarcisi, dalle poche pretese cognitive che fa Audrey di nome (bellina è bellina, per carità!). E’ Katharine (The Original-) Hepburn. E’ una bella rossa, con un taglio del viso da imporre rispetto e schiavitù psico-complessodelectra-affettiva a chiunque la veda girare fra set cinematografici su cavalli e con leopardi.

Piccole metafore crescono

E’ glaciale, ma sa piangere lacrime di puro diamante. E’ perfida, ma ne mostra la goffa ironia. Tradisce, ma è lei che soffre. Lei recita ma dice “acting is the perfect idiot’s profession”. E’ la donna con cui vai a letto sicuro di non doverle niente di più, ma che con la sua scientifica indolenza tiene il tuo cervello per le palle. E’ lei quella che chiamerei la prima MILF della storia, anche se nel primo film che ha fatto era solo una ventenne. Sa come girano le cose e anzichè mettersi in coda aspetta che il giro ricominci per mettersi a dirigerlo.

Cit. “I never realized until lately that women were supposed to be the inferior sex”

La terza donna con cui me la farei è la scrittrice americana Kathy Acker.

Kathy
Delirio, Sandman

La conobbi cercando le origini del mio personaggio preferito del fumetto di Neil Gaiman “Sandman”: Delirio, la sorella più piccola di sette fratelli, gli eterni (Destino, Sogno, Morte, Distruzione, Disperazione, Desiderio e, per l’appunto, Delirio). La Acker è l’incarnazione di quel tipo di sfacciataggine cerebrale che non si compone in testi fluidi, ma in continue epifanie. Con lei parlerei senza verbi, salterei pasti e convenzioni, farei tutto quello che J-Ax afferma di fare con la sua ragazza che è strana e non dice che lo ama, ma beve birra e fuma e ha un tattoo sulla schiena, ma lo farei meglio. Insomma farei pazzie con la Acker, mica con una pazza, tamarra che sbraita contro uno schermo solo perchè non capisce che una tv, a parte i film di Verdone, può anche trasmettere tg d’informazione su fatti reali, reali cioè che sono accaduti, cioè che non avvengono in quella dannata scatola!

Cit. “We come crawling through these cracks, orphans, lobotomies; if you ask me what I want, I’ll tell you. I want everything. Whole rotten world come down and break. Let me spread my legs [Pussy, King of the Pirates, 1996]

E dopo il corpo, la mente, il delirio andrei a casa di Janis Joplin, la cantante blues rock americana.

Ain’t no sunshine without her

Con lei fumerei la pipa della pace, mi aggrapperei ai suoi vestiti leggeri (probabilmente rubati ad Ermione che intanto faceva cosacce con d’Annunzio nel Pineto). Janis è la sostenibile leggerezza dell’essere. E’ la donna che si lascia essere se stessa come più frequentemente si permettono di fare gli uomini. E’ a lei che dedicherei “let yourself be beautiful” e so che lei probabilmente risponderebbe “Tomorrow never happens. It’s all the same fucking day, man”

Non ha importanza che queste donne meravigliose non le incontreremo mai, amici miei, mio perplesso Nihil, perchè loro sono solo alcune delle manifestazioni del piacere e della sensualità, le più famose. Poi ci sono donne che lavorano, quelle di Tozzi che stirano cantando, quelle che fanno la cacca, quelle che amano e che amano fare la cacca, ci sono le donne che ognuno di voi conosce, ci sono quelle che sono dentro ogni uomo e quelle che gli uomini ce li hanno dentro, c’è la mamma di Ligabue, un po’ mamma un po’ porca com’è. E poi, se ammettiamo che ci fosse un fondo di verità nelle parole di Janis e lo estendiamo a tutto il mondo dello spettacolo, noi queste donne, in fondo, ce le siamo già fatte tutte:

Cit. “On stage, I make love to 25,000 different people, then I go home alone”